Non concedere i My Chemical Romance agli stronz* del tuo passato
La band più odiata è diventata culto nostalgico, per tutti, di qualcosa che di tutti non era.
Ce lo ricordiamo tutti il video di Helena???
Chiaro, se non te lo ricordi chiudi subito il mio Substack, lancia il tuo dispositivo nel Tevere, infila la capoccia nel forno liberaci dal male,comunque come tutti sappiamo il video di Helena, diretto nel 2004 da Marc Webb, è il video musicale più bello della storia incredibile fenomenale che fa pienamente onore alla meravigliosa canzone che lo accompagna. Da bambinetta lobotomizzata davanti ad MTV la prima reazione quando lo vidi fu incazzarmi: credevo che nel mio cuore non ci fosse spazio per più di un uomo con gli occhi pesti e la cravatta rossa, ed avevo già giurato fedeltà eterna a Billie Joe Armstrong. PIVELLA. DILETTANTE. ROOKIE. Troppi cereali sottomarca dovevo ancora sgranocchiare, troppe notti insonni a tradurre dai booklet, troppe fanart orrende di Frank Iero ancora da scaricare da DeviantArt.com ed impostare come sfondo del mio LG Tribe. E allora poi: 15 anni dopo, mi sento di parlare per tutti noi.
Come un vampiro, ma senza glitter e con più olio motore nei capelli, l'amore per i My Chemical Romance non muore mai.
io adesso
Certo, facile guardare indietro ora e vedere nei My Chemical Romance un monolite anni 2000, un’entità senza tempo e con il guyliner (concept imperdonabile!!!??) distaccata dal suo reale contesto socio-economico e ripulita di tutta la merda scagliatagli addosso senza una valida ragione. FACILE! Riguardiamoceli in formato reel, ridisegnamoli come una rock band da citare in qualche brano pop-punk italiano Hmmm ho colto questa reference a Welcome to the Black Parade, si vede che ci sono proprio dentro Hmmm ora che Anthony Fantano ha fatto una review retrospettiva IO, GRANDE intenditore di VERA musica posso fingere di averli sempre apprezzati!!!
La verità è che sono furente. La cursa emo che ci affligge da 15 anni è diventata l’accessorio più stiloso del momento, per chiunque: dai nerd puzzoni ai normie annoiati. La band più proibita è diventata istituzione nostalgica, per tutti, di qualcosa che di tutti non era.
Lo devo alla me che colorava aggressivamente di rosso la frangia usando un UniPosca: la storia dei My Chemical Romance non verrà riscritta da chi li guarda comodamente con un binocolo, fuori dalle trincee della scuola media in borgata, lontano dalle trollate sui primi social da parte di puristi omotransfobici, ignaro delle bottigliate al Sonisphere di Imola nel 2011.
Verrà riscritta da me, che ho un blog importantissimo sull’argomento (l’argomento: essere sfigati) e la memoria muscolare per recitarne la discografia a memoria in dormiveglia.
2001-2004
BASTA CAZZATE: I MCR NON HANNO MAI MESSO IL FEDORA
Le origini dei My Chemical Romance ed il loro legame con la caduta delle torri gemelle sono state discusse fino alla morte, ma in caso abitiate sotto una roccia ecco qua: 2001, Gerard Way è un artista affamato e pendolare da Belleville, New Jersey sopra ad un battello verso New York per pitchare ad Adult Swim il suo cartone animato che parla di una scimmia che fa colazione. Quel giorno Way è testimone dell’attentato terroristico più famoso della storia, che più avanti ispirerà la prima canzone dei MCR Skylines and Turnstiles. L’esperienza lo scuote dal sonno della coscienza e lo sprona a “fare qualcosa della sua vita”, accantonare i fumetti e i cartoni animati (per un periodo) e formare una band.
La lineup iniziale comprende Matt “Otter” Pellissier alla batteria e, una volta scoperto l’evidente impedimento di Gerard alla chitarra, entra in scena l’italo-portoricano-afroclamoroso Ray Toro. Il fratellino occhialuto e stampellone di Gerard, Mikey Way, impara ad orecchio qualche linea di basso dalle loro demo registrate nell’attico di Otter: è proprio Mikey l’ideatore del nome della band, ispirato dal titolo del libro di Irvine Welsh Ecstasy: Three Tales of Chemical Romance. Il “My” fu aggiunto più avanti per dar una dimensione più intima al nome, forse in sottile riferimento alle cattive abitudini di Gerard con la droga e l’alcol (tematica di eterno rilievo nei primi due lavori dei My Chemical Romance).
Il criaturo, 2002
Come anticipavo poc’anzi: sono furente. Da decenni i superficialotti della controcultura forzano i MyChem nella solita mischia di gruppi emo-pop 2k, li accartocciano nella scatola dei ricordi insieme all’unico disco bello dei Panic! At The Disco rimuovendo così la vera reale ufficiale storia, cioè che i MyChem erano meglio dei Panic, sono invecchiati meglio dei Fall out Boy, sono inarrivabili da The Used e AFI ed incopiabili dagli As it Is e tutti coloro che negli anni hanno provato ad essere loro.
La ragione? Una serie di influenze imparagonabili, un eclettismo di fondo che li rende artisti e compositori che, nell’arco di una generazione, capitano una volta soltanto.
Le loro radici si aggrappano su ciò che stava accadendo sul suolo del New Jersey, dal pop-punk pazzerello dei Saves the Day al post-hardcore tenebroso dei Thursday.
Parte ora un wall text di nomi di gruppi, state attenti perchè poi vi interrogo: dietro al suono dei MCR ci sono layer infiniti di ispirazione. Una delle loro più grandi influenze erano gli Ink&Dagger, una band locale che suonava synth hardcore angolare rumoroso impazzito vampiresco. Palese anche il tributo ai The Smiths (sigh) e ai capisaldi del goth: Bauhaus, The Cure, Siouxsie; e ancora l’horror punk dei Misfits, il chaos malato dei Black Flag, la furia blitz dei Minor Threat. Gerard Way rimane negli anni un appassionato di 90s Britpop, anche nei suoi progetti solisti ci sono fortissime Pulp/Blur vibes, mentre il suo stile performativo in egual parti flamboyant e punk è reminiscente dei padri Bowie e Stooges.
Poi ci sono i chitarristi: Ray Toro, in egual parti influenzato dal melodeathmetal degli At The Gates e dalle armonie senza tempo di Queen e Beatles. E su mio marito Frank Iero, che si unirà alla band più avanti e di cui parlerò in maggior dettaglio tra poco e non mi stancherò mai di farlo anzi fermatemi se esagero, mi limiterò a dire che a 19 anni stava a suonare con gli American Nightmare, uno dei gruppi hardcore più importanti della storia, e che aveva dei dread orrendi e non si lavava.
Altra carrellata bonus di motivi per cui i My Chemical Romance sono invecchiati meglio del resto del Mount Rushmore dell’emo-pop:
non hanno mai messo il fedora
non hanno mai scritto una canzone che sembrasse gli Imagine Dragons
non hanno fatto nessuna soundtrack o fanservice per qualche film di merda (non ti piace Watchmen? Non ti piace la loro cover di Desolation Row per Watchmen? Ti odio e non sei amichetto mio)
non hanno mai messo il fedora
Mi spiego meglio: i MCR sono spesso i primi a venire scimmiottati e trivializzati in giro su TikTok per il makeup o per i capelli unti o per il melodramma che li avvolgeva ogni volta che si presentavano sul palco, ma UNA COSA dei My Chemical Romance è che erano stilosi, nel vero senso Y2K del termine, e che non li avreste mai per carità di dio beccati conciati tipo così:
Perché è importante specificarlo? Perché bullizzare la gente vestita male è divertente, e perché è impossibile parlare dei My Chemical Romance escludendo la conversazione sull’estetica, la lore ed il worldbuilding che li circonda. Dunque menzionerò, seppur brevemente e a caso durante il racconto, quello che chiamo l’MCU (Mychem Cinematic Universe).
Il catalogo dei MCR è ricco di influenze che trascendono il sonoro. Nella fase iniziale, i fumetti pulp ed i film hipster disturbanti che erano soliti consumare costellano la loro musica di riferimenti diretti, estetici e lirici. Il video musicale del primo singolo Vampires Will Never Hurt You è ispirato all’espressionismo tedesco anni ‘20 de Il Gabinetto del Dottor Caligari. Il secondo video, Honey, This Mirror isn’t Big Enough For The Two of Us include intere clip dell’agghiacciante j-horror Audition. L’intro acustico “Romance” ed il testo di Early Sunsets Over Monroeville sono comprovate citazioni a Dawn of the Dead.
Per questo, e per tutti i motivi elencati finora, i Mychem non somigliavano a nessun’altra band della scena underground, ed è per questo che ogni orecchio si ritrovò presto rizzato ed attento. Siamo nel 2002, una voce di corridoio su questa nuova band fichissima ed un po’ misteriosa si sparge fino a raggiungere un tossichello minuscolo e malaticcio di Belleville di nome Frank Iero. Iero, aggressivamente italoamericano, minorenne col collo tatuato, capitanava un gruppo pop-punk a tema Holden Caulfield ed il progetto harsh sperimentale I Am A Graveyard. Scopre i My Chemical Romance tramite l’etichetta discografica che avevano in comune, Eyeball Records, ci entra in fissa e poi ci entra dentro come chitarrista ritmico mentre le registrazioni del primo album sono quasi concluse.
Frank Iero compare in due canzoni, l’opener “Honey…” e la semi-ballad “Early Sunsets”, ma aggiunge da subito un peso ed una presenza immediata nella band, diventando presto un elemento inestirpabile del loro sound e dei loro concerti, una pallina di fuoco sputata fuori dall’hardcore dei Converge, dall’emocore dei Lifetime, e dalla voglia di spaccare il mondo.
A questo proposito, parliamo finalmente del primo disco:
I Brought You My Bullets, You Brought Me Your Love non è l’album definitivo dei MyChem, ma è il mio preferito. È la capsula che imbottiglia l’istante prima della fissione nucleare, il momento in cui le loro influenze stanno quasi per unirsi alla perfezione: sono innamorata del sottilissimo strato di amatorialità che lo protegge dal resto del catalogo, come le strutture delle canzoni siano ancora un po’ cenciose e le loro performance, al picco dell’energia disperata di chi vuole dimostrarsi, comunicano la loro teatralità senza un singolo ritornello radiofonico.
Una roba che mi piace tantissimo girlsplainare ai miei amici, quelli che simpano un sacco i Thursday ma si rifiutano di approfondire i MCR, è che è stato proprio il cantante dei Thursday, Geoff Rickly col diastema tra gli incisivi, il primo a puntare su di loro e a dargli il calcio in culo iniziale di credibilità dentro la scena insulare e competitiva dei tempi. Rickly è il producer del primo disco dei MCR, ed una volta saputo questo fatto è impossibile non aggiungere: SI SENTE
L’album è introdotto col fruscio di un vecchio giradischi ed un brano della tradizione chitarristica classica Spagnola, “Romance”, transizionando poi in un riff che potrebbe essere melodeath. Ma questo non è melodeath, sono i My Chemical Romance, e nei My Chemical Romance c’è Gerard Way, che sceglie di annunciarsi al mondo con la prima frase della loro discografia urlando come un pazzo:
The amount of pills I’m taking/counteracts the booze I’m drinking
Diamine Gerardo…
La voce di Gerard Way, e la soggettiva percezione di essa, è decisiva nell’apprezzare o meno l’ operato della band. La sua estrema espressività emotiva e l’appassionata dedizione per il materiale a cui si presta la rendono una lama a doppio taglio.
Per me, o per chiunque sia gerardopilled, le performance più avventate, squilibrate e vulnerabili non fanno che abbinarsi al carisma dell’intero personaggio. In questa fase del suo arco artistico, al picco della vampiranza, Gerard Way aveva l'aura di quel compagnetto di classe silenzioso che dopo scuola si esercita nella tassidermia fai-da-te rubando il gatto ai vicini. Il gusto della band in fatto di jeans era già stritolante, ma privi di ogni costume di scena ed armati soltanto di fotta, i MCR erano ancora semplicemente dei ragazzi ed i loro strumenti, ed c’è della magia nel rileggerli come tali. Poi oh, c’è anche chi trova il loro istrionismo un po’ too much, e chi addirittura ricollega la figura di Gerard a tutto ciò che odia di quell’era popolare dell’emo. Io a loro dico: broders ascoltate Vampires Will Never Hurt You e ditemi se non piangete entro il climax finale di due minuti.
Segue a tutta callara Drowning Lessons, con una delle linee di chitarra più contagiose mai scritte da Ray Toro: le armonie che aleggiano in dissolvenza nel breakdown conclusivo, reminiscenti di un periodo irreplicabile, esistono nell’assoluta nostalgia del post-hardcore che fu.
La fan-favourite spaccacollo Our Lady Of Sorrows, invece, è l’unica canzone del disco oltre a Vampires che continua ad essere suonata live dai My Chemical Romance. INCREDIBILE sentirli replicare il ritornello two-step, il bridge ultramelodico ed il “take my fucking hand” breakdown ora che sono vecchi grandi. Headfirst for Halos è dove viene sdoganato il primo sentore di emo-Beatles, con delle melodie maestose che non stonerebbero affatto se appartenessero al loro disco più importante, quello della parata nera.Torniamo all’inizio della storia con Skylines and Turnstiles, la prima canzone che abbiano mai scritto, ed una delle testimonianze più immediate ed oneste del punk post 9/11. È ovvia l’impronta dei Thursday su questa traccia, così come l’ovvia amatorialità rispetto al resto del disco. Breve shoutout a Mikey Way in particolare, ai tempi un bassista in erba, per aver azzeccato tutte le linee di basso, veloci ed efficaci, seppur semplici, in first take.
Lo stretch finale di IBYMB,YBMYL è dove le cose diventano un tantino più frammentate e sperimentali. È anche dove per alcuni diventa inascoltabile, ma è la mia metà preferita del disco. Early Sunsets Over Monroeville è l’unico momento della loro discografia in cui si va a sfiorare il midwest emo. Il brano, inizialmente ninna-nanna di arpeggini e twinkle, racconta il conflitto emotivo di una coppia durante l’apocalisse zombie, e mentre il crescendo del brano esacerba le tensioni e la voce si fa sempre più disperata, la risoluzione è una sola: sparare in testa al proprio amato. La performance strappacuore di Gerard vende l’intero scenario così bene (i quattro ascessi dentali di cui soffriva durante le registrazioni rendevano reale il dolore dietro le urla) da farci sentire in un first person shooter contro il nostro fidanzato.
Si avvicinano pericolosamente anche allo screamo nella breve e velocissima This Is the Best Day Ever, e piangono l’alienazione del tardo capitalismo nella upbeat ed orecchiabile Cubicles.
Ma la chiusa finale del disco, ed il fulcro vitale di esso, è Demolition Lovers (la mia canzone preferita dei My Chemical Romance, c’ho pure il tatuaggio, duhhh). Questo piece de resistance dura 6 minuti di ascolto sfiancante, racchiudendo tutte le più epiche ambizioni del gruppo ed anticipando le tematiche del disco successivo come in un trailer. La coppia raccontata nel brano, uccisa in una rapina a mano armata alla fine della canzone, sarà protagonista di Three Cheers for Sweet Revenge.
Bullets non sarà complesso ne’ coerente come gli album successivi della band, ma non cessa di soddisfarmi pienamente ad ogni ascolto, ed è una reliquia che non smetterò mai di rivisitare. Non ha il budget o la fenomenalità compositiva di Three Cheers, tantomeno la concettualità ed i classicismi di The Black Parade, ma crescendo con questi album e questa cultura una cosa l’ho capita: l’emo non lo trovi quasi mai nel ritornello fatto e finito, o nelle uniformi cucite su misura. È infilato sottopelle, tra le croste più incurabili, è nelle maratone di film horror di serie B e nella sala prove marcia, germoglia nella psiche vacillante di un gruppo di ragazzini hardcore dal New Jersey, nei vizi e nei danni dei giovani custodi un dono. Ma potrebbe anche nascondersi nella band che sta suonando dietro casa tua stasera, se darai loro la possibilità di diventare qualcosa, se ti affaccerai a guardare.
2004-2006:
L’ERA DELLA VENDETTA
È arrivata quella parte della storia.
Il clichè che meno sopporto nella parabola dei gruppi che amo è come il loro periodo d’oro da artisti sembra tendere sempre ad allinearsi con il loro periodo peggiore come persone (gli OG ricorderanno il racconto da me già narrato nella retrospettiva sui Bring Me The Horizon).
Il secondo disco porta con se’ un aumento di fama e responsabilità, a braccetto con il peggioramento nelle dipendenze da cocaina, pillole e alcool di Gerard. Il lutto sofferto dalla sua famiglia con la scomparsa della nonna, Elena, lo tuffa dritto nella spirale. Poi ispira la prima, vera canzone del successo dei My Chemical Romance.
Helena (So Long & Goodnight) stabilisce una scissione tra il vocalist e la realtà, e non è improbabile che la proiezione dei suoi traumi dentro una narrativa fumettistica, dentro la storyline di Three Cheers for Sweet Revenge, fosse l'unico modo salutare per processarli che non implicasse rischiare l’overdose insieme a Bert McCracken dei The Used.
Io e chi?
Nonostante il mio già dichiarato amore per il primo album ammetto volentieri che i lavori successivi offrono molta più ciccia a livello tematico, e ommioddio sono il soldatino più affamato del plotone, desidero una crumba di angst.
Il biennio 2004-2006 è un periodo di merda per la band nonostante l’immediato slancio verso la major label Reprise Records e verso il riflettore mondiale. Indimenticabile pietra miliare di questo periodo è la performance su AOL Pure Volume, ad oggi una delle loro migliori esibizioni filmate.
Sarà stato forse il loro stato emotivo rancido schifoso e miserabile a fornire l’atmosfera necessaria per scrivere un capolavoro gothic pop-punk? Boooh, mi sa di si, però sono contenta che Three Cheers For Sweet Revenge esista e che loro siano ancora tutti ancora vivi.
Pensate che il secondo album dei My Chemical Romance sia accessibile solo perchè è famoso? Azzeriamo le cazzate, Three Cheers For Sweet Revenge è il disco più crudo del mainstream emo. Pur essendo l’album della svolta non è ripulito dalle distorsioni e dal grezzume, ed è anzi molto più rumoroso del disco precedente. La sinergia tra i chitarristi raggiunge il picco della sua intricatezza, il basso occupa maggiore spazio nel mix (brividi sull’hook di Give Em Hell, Kid), e Gerard tende a spingere la sua voce fino a sboccare e a schiopparsi la vena in fronte in più momenti del disco, ricordando di più il real-emo-only-consists dei Rites of Spring che qualsiasi loro collega su MTV.
RITORNIAMO BREVEMENTE AL MCU
Questa è la mia era preferita per l’estetica e l’immaginario della band. Il loro concept negli anni di Three Cheers mi da drama, mi da imprenditore di pompe funebri queer, mi da tutto ciò di cui ho bisogno in una band: più oscuri ed edgy dei Taking Back Sunday, più artistici e rifiniti dei The Used.
In questa fase suonano ogni concerto con costumi di scena che comprendono giubbotti antiproiettile (gettando le basi per il look soundcloud-emo-trapper 2018), camicie e cravatte rigorosamente in palette nerabiancarossa, progressivamente più sudicie ed insanguinate con ogni live. Si scuotono di dosso la postura scoliotica da adolescenti nerd impacciati, e si schiude l’ovetto della rockstar: la faccia androgina da fatina dei denti di Gerard Way era magnetica nel contrasto con le sue esibizioni esplosive, ed anche suo fratello era agonista nel campionato del twink più desiderabile della scena. Frank Iero a questo punto della storia è semplicemente l’uomo più bello del mondo e non voglio sentire secondi pareri.
È importante puntualizzare che le ragazze adolescenti tengono in mano le redini della società e sono le Thanos della cultura pop, decidendo ormai dagli anni ‘50 chi campa e chi crepa nel panorama musicale. E nel 2004 le ragazze adolescenti eleggono i MCR ad antieroi sensibili, badboys approcciabili.
I MCR piacciono tantissimo alle minoranze, in più si truccano un sacco e parlano di emozioni, e questo li rende il sacco da boxe preferito di più o meno tutto il resto dell’universo. Dopo un decennio di misoginia metal e machismo nu-metal è stato difficile per il panorama alternativo mandar giù la pillola di Three Cheers.
Purtroppo per loro è pressochè impossibile sfuggire al singolo I’m Not Okay (I Promise), che accoppiato al suo video high-school Wes Andersoniano posso considerare in scioltezza il materiale audiovisivo più esplicativo dell’emo Y2K. La band diventa famosa davvero, in tutto il mondo, in heavy rotation su Fuse ed MTV, e questo li rende al pubblico generale scarsi, venduti, e un sacco gay.
Ma la band accoglie i suoi detrattori esplicitamente, si nutre della loro negatività, li provoca in “Thank You For The Venom”, un brano che all’inizio sembra letteralmente una cover degli Iron Maiden. Il disco funge da scudo e rifugio, fornisce un inno nazionale all’infinità di teenager in lotta perpetua con la propria salute mentale, identità di genere e dimensione nel mondo, incoraggiando a parlarne e promuovendo le risorse corrette. Sono furente, perché i MCR non sono mai stati il loro stereotipo: non sono mai stati innamorati del loro dolore, e non sono responsabili di quello che la fanbase ha a volte deciso di farsene con il materiale (glorificazione dell’autolesionismo e della depressione, feticizzazione dell’uomo queer come spettacolo da consumare, cringe generalizzato). La loro visione e le loro canzoni hanno continuato ad esistere con dignità, nella loro dimensione, per chi sa farne tesoro.
Ogni traccia su Three Cheers è la preferita di qualcuno, perchè ognuna di esse splende di luce propria nell’album. I dueling riffs di It’s Not a Fashion Statement, i cori armonizzati di To The End, l’apparizione di Keith Morris dei Circle Jerks in Hang ‘Em High, pochissimi momenti non sanguinano di intensità. I singoli menzionati inizialmente, con l’aggiunta della power-ballad The Ghost Of You, non sono nemmeno le canzoni migliori del disco, semplicemente le più accessibili ed esplicative della visione. Il concept è molto astratto (un uomo deve rubare le anime di mille uomini malvagi per riportare in vita la sua amata? Boooh), ma a livello prettamente musicale può essere considerato il loro miglior lavoro. I ritornelli su questo album sono indelebili, un gancio continuo ti raccoglie per la collottola e ti obbliga a non annoiarti mai. Anche i momenti più dimenticabili del disco, come l’interludio, sono al posto giusto nell’ascolto completo dell’opera.
Canzoni come You Know What They Do To Guys Like Us In Prison e I Never Told You What I Do for a Living dimostrano due estremi dello spettro emotivo della band, quello dell’esibizionismo spostato ed effervescente, e poi quello dell’autodistruzione dilaniante.
I MCR dal 2004 al 2006 sono un casino, ma comandano il mondo. Se non ci credete, il documentario Life on the Murder Scene lo racconta meglio di me.
Al bivio tra il secondo e terzo album, reduci di un debutto che ancora non avevano processato, i MCR potevano soltanto soccombere o continuare a nuotare. Nel 2005 Gerard sopravvive ad un tentativo di suicidio, e la band è sul bilico della rottura. Nel 2006 Gerard si ripulisce. La band comincia a scrivere un disco nuovo.
*G NOTE*
La migliore recensione/descrizione/tributo ai My chemical romance love them forever🤟