Dobbiamo delle scuse ai Bring me the Horizon?
Vivisezionando l'intera discografia del gruppo metalcore più amato (in segreto) della storia.
Adesso parlo io.
Questa è la dimora di tutto ciò che voglio scrivere ma che nessuna pubblicazione vorrà mai. SHOCK! in che senso una testata indie rap hip to the hop italia il cui lettore occasionale vuole solamente sapere se Ariete “l’ha troppo carriata nel nuovo di Night Skinny” o se “mio padre Guè ha droppato freschissima barra misogina” non è interessato al mio word vomit sul perché i Bring Me the Horizon sono belli e bravi? :-(
Comunque fa niente, chi vuol capire capisce. Oggi parlo IO dei brimmedeoraizo, o per tutti noi certificati ex utenti Tumblr, quel gruppo che nominiamo a caso per stabilire dominanza e realness come “veri emo che c’erano da quando non erano famosi”. E lo facciamo ovviamente mentendo: non ho trentamila anni dunque non farò finta di esserci stata quella volta che i BMTH hanno suonato a Trezzo sull’Adda con degli Architects ancora in fasce, avevo 10 anni e stavo imparando le divisioni in colonna. Tuttavia la correttezza di ogni mia opinione trascende il tempo e lo spazio: adesso ho un blog, e se nessuno in Italia ha intenzione di occuparsi dei BMTH come gruppo cardine di due generazioni lo farò io, perché sono brava l’unica senza un cazoz da fare.
Riflettendoci a posteriori con l’aiuto dei miei amici vecchi millennial è sorprendente che i bmth stiano agli zoomer più o meno come i Linkin Park stanno ai vecchi trentenni. I Bring me the Horizon erano la band che per antonomasia non potevi gasare se volevi essere preso sul serio. I trve kidz li odiavano perché erano letteralmente dei modelli e si conciavano così, la stampa mainstream li odiava per le stesse ragioni e tua mamma li odiava perché erano rumorosi e satanici e ti facevano rinchiudere in camera ad urlare come un disgraziato. Con il passare del tempo i critici iniziarono a ricredersi (in parte grazie alla loro digievoluzione in band metalcore fighetta progredendo poi in un progetto sempre più eclettico e di culto). Flash forward 2023, i BMTH non hanno mai smesso di mettere fuori un sacco di musica, tutta con i suoi buoni motivi per farli odiare, amare, cacare, scurengiare.
Partiamo dall’inizio?
ABBIAMO I DILLINGER A CASA
I Bring me the Horizon nascono a Sheffield, in Inghilterra, come quell’altro gruppo famoso su tumblr però indie e quell’altro gruppo metalcore la cui unica canzone famosa è il featuring con i BMTH. Dalla mia breve esperienza di vita in Inghilterra posso empatizzare con ciò che il frontman Oli Sykes disse da ragazzino riguardo le vecchie lyrics della band:“La mia vita non è così male quindi non ho chissà cosa di cui parlare nelle canzoni”, e mi sento solo di dirgli “vabbe ci sta” sapendo che in fondo se sei bianco cis etero bono e middle class quel paese è piuttosto ok, fagioli a parte. Wikipedia narra che Sykes ed il batterista Matt Nicholls fossero colleghi di università, accomunati dalla fissa per gruppi come i Norma Jean ma anche roba super sottovalutata e deep lore tipo gli Skycamefalling. Il chitarrista Lee Malia era invece, come palesato nel suo stile compositivo, il più grande fan del mondo degli At the Gates. Questo era il 2004, erano tutti adolescenti, e nel roster di band UK di quel periodo rientravano tra quelle col maggior numero di influenze. Arrivano Matt Kean al basso e Curtis Ward alla seconda chitarra e tutti insieme si tira fuori questa basement demo, un bel frullato di metalcore americano, mathcore da spaccare un abaco, Poison the Well, Every Time I Die, e tanto, tantissimissimo Dillinger Escape Plan worship. Ce lo ricordiamo tutti This Is What the Edge of Your Seat Was Made For???
Ecco io no, ve lo dico subito, avevo 8 anni e preferivo Benvenuto a Felicittà, Sandrino. Però quello che so di per certo è che qualche asciugatore seriale vi avrà assillato spiegando che i brimmi hanno cambiato un sacco di generi e che ERANO MEJO QUANDO FACEVANO DEATHCOORR. Voi ditegli da parte mia che questa è mezzo una cazzata, perché all’inizio inizio erano sicuramente pesanti, ma erano anche storti e spastici e emo. Quello che stupisce non è quanto fossero pesanti, tantomeno credo che ciò li rendesse migliori. Ok, erano pesanti in culo, il primo EP ed il primo album uscirono per una delle etichette più iconiche death e grind di tutti i tempi. Ma il vero shock è quanto fossero diversi da come li sentiamo ora. La produzione in This is What the Edge of Your Seat Was Made For è scaciata e cruda e hardcore, i nomi delle tracce sono più lunghi delle tracce stesse, edgy, pionieristici di tutto il peggio che sarebbe finito su MySpace nel giro degli anni a venire -incluso quel madrefottuto Rawwwrr! che intitola la terza canzone.
In breve, il primo lavoro dei Bring me è imperfetto, un po’ try hard, promettente.
La struttura delle canzoni è, come in ogni altra band infante, non ancora il massimo: l’EP sembra più un collage di parti brutali e breakdown a caso che si estendono nell’infinito senza alcun tema centrale (a volte mi domando se sia un difetto o un quirk esilarante). La punta di diamante è Who Wants Flowers When They’re Dead? Nobody., il brano più completo e centrato dei 4.
This is what ecceteraeccetera ha i suoi momenti nonostante l’amatorialità e la derivatività del tutto, ed è affascinante che i gruppi del recente sasscore revival (vedi meth. O i primi Seeyouspacecowboy) suonino ispirati da esso. Lo spoken word in Rawwwrr!, seppellito tra panic chords e blastoni, rimane nel tempo come adorabile testimonianza di quanto la voce parlata di Oli fosse, ai tempi, quella di un ragazzino frangetta tale e quale a noi, ma anche di un vocalist versatile e creativo in grado di fare lo pterodattilo ed il Gormito Mangiaterra nell’arco di 10 secondi. In Traitors Never Play Hangman un riff-rallentone discende fino alle viscere degli inferi e conclude l’EP coi fuochi d’artificio, gli stridori demoniaci degli ultimi secondi di disco ci anticipano che stava per diventare tutto ancora più malato. Che i BMTH avrebbero suonato nelle bettole per scroccare birre ancora per poco. Che l’EP era un buon inizio, ma soltanto questo: l’inizio.
NUOVA DIETA DI LIQUORE E MISOGINIA *PIG SQUEAL*
E’ il 2006 e tutti odiano i BMTH ascoltano segretamente i BMTH. E’ appena uscito Count Your Blessings, ed ogni forum o blog metal si riempie di elitisti disgustati dai loro ciuffi piastrati, jeans più stretti di una base di Bello Figo, breakdown istrionici e produzioni fiammanti. I BMTH parevano creati in fabbrica appositamente per far sfasare i metallari sweep picking ed olio di colza in testa. Non che adesso abbiano smesso, ma ai tempi la gente era persino pronta a bottigliarli oppure a provare a tirarli giù dal palco per interrompere il set. Un reale caso di, per citare Plant della Sad: “tutti mi odiano per come mi vestooo”.
Leviamoci un attimo tutti i sassolini dalla Vans slip-on: CYB fu scritto nella sua interezza tre giorni prima di entrare in studio ed è all’80% una fresca insalatona di riff At The Gates ed In Flames pillati. I Bring Me guardano indietro a questo disco e cringiano. Io guardo indietro a questo disco e cringio. Specialmente per i testi. Non mi scorderò mai la prima volta che ho sentito quel “I’ll take everything, you fucking bitch,” in Tell Slater, quella particolare enfasi su bitch ad istigare un breakdown avvelenato. Ecco, quella roba fu un innuendo generazionale copiato ed esasperato da ogni deathcorino misogino a venire. I BMTH hanno inventato un sacco di cose, e la peggiore è senza dubbio l’utilizzo di *insulto sessista random* enunciato con un bel gutturale, per rendere il breakdown ancora più emozionante alle orecchie dei ragazzini mentre facevano a pugni col cartongesso delle loro camerette.
Un sacco di gente sostiene che CYB sia il loro disco migliore, e non sono d’accordo. Ma l’ho rivalutato e rivisitato negli anni e ad oggi rimane ancora uno dei dischi deathcore migliori di quel decennio: pulito, serrato ed invecchiato alla grande dal punto di vista dei suoni. Due elementi principali lo salvano da se stesso quando già alla terza canzone capiamo che la traccia di apertura Pray For Plagues era anche la migliore del disco. Primo: ogni traccia è batteristicamente immacolata. A livello di drumming, credo sia il lavoro migliore dei BMTH, energetico e martellante ma anche tecnico e ben bilanciato. Secondo: Oli Sykes è al suo picco come vocalist metal. Uno dei pochi nel game a non barare sui low, zero inhale, zero cazzate. Uno dei pochissimi in grado di soppesare brutalità ed intenzione emotiva senza scadere in virtuosismi fastidiosi. Questo, abbinato all’indiscutibile carisma (ad essere boni erano capaci tutti, MA?), lo setta un gradino più in alto di tutti i suoi minions. Ma non lo esonera dalle oscenità del suo songwriting, non in questo disco (uhhmm,, che monnezza?). Lee Malia ci regala degli assoli di chitarra fenomenali in Black and Blue e nell’interludio Slow Dance, distendendo quando serve i ritmi esasperanti del disco.
Da qualche parte in una galassia lontana i Bring Me hanno proseguito per questa strada trasformandosi in dei colossi ibridi DM/hardcore. In un’altra, hanno pubblicato solo Pray For Plagues e Off the Heezay come sette pollici e si sono sciolti, rimanendo nella storia come il miglior gruppo deathcore di sempre. Nella nostra, hanno detto andate a fare in culo voi, il metal, lo sweep picking e la stampa, hanno droppato una cover di Eyeless degli Slipknot, e hanno proceduto a cambiare la storia.
I’VE GOT A SECRET
Inizia l’era più cursata per i bringme: 2007-2008. Non c’è da girarci intorno perchè sta storia la sanno tutti: Oli era pienissimooo di ketamina tutti i giorni della sua vita (la dipendenza più british in assoluto, ed in luce della recente estetica alternativa Ketamine Chic, pionieristico anche in essa). Tutti i membri alternavano egotrip e sfascio costante. Specialmente il chitarrista Curtis Ward, che contribuì molto poco al loro album della svolta. Ah, in questa fase ci furono anche scandalo e processo attorno alle accuse di aver aggredito E urinato su una fan. Il caso fu archiviato per mancanza di prove, ma Oli ci scrisse sopra una diss track di poco gusto che andò a finire sul secondo disco: Suicide Season. Tutto questo coincide anche col picco di hating e bullismo nei confronti della band, la cui transizione dall’adolescenza al mondo degli adulti famosi non fu delle più shallone. Non per romanticizzare le difficoltà altrui, ma forse è per questo che che Suicide Season è il loro disco migliore.
Picture this: stai tipo alle medie, durante la tua sessione di zapping di routine incappi nel video di un festino pazzo popolato esclusivamente da figuranti usciti dalle peggiori fenditure di MySpace. C’è una pischella coi capelli colorati che sbocca a rallentatore, una lotta con i cuscini, un salone a soqquadro in cui una banda di modelli di Impericon suona la canzone più figa che tu abbia mai ascoltato. Il cantante c’ha la maglia dei Dead Swans (NOI!) perché lo mantiene reale anche stando su MTV. Il suono è chunky i riff sono spessi il basso è croccante la batteria è mitragliante la voce è uno shout sgolato e glitchato, nel mezzo ci sono pure degli inserti di elettronica -che nonostante si tratti del 2007 risultano di maggior gusto e meno plasticoni dei tentativi di 15 anni dopo. Il singolo era Chelsea Smile. Non lo sai, ma la tua vita di lì in poi sta per cambiare.
In Suicide Season i BMTH riescono per la prima volta a combinare la loro pesantezza con la memorabilità e a rivelare un talento innato per la composizione di brani prepotentemente orecchiabili. Il disco è il primo propulsore verso gli stadi che erano destinati a riempire, ed ogni pezzo di SS è ancora un diamante. Le urla di rabbia e dolore di Sykes si trasformano in inni da urlare insieme, le lyrics si fanno più profonde ed i breakdown più divertenti. Si piange quando c’è da piangere (title track, The Sadness will Never End), ci si rompe la testa su Football Season is over, e ora faccio pure uno statement controverso. La qualità dei suoni di questo disco supera di gran lunga quello che viene più comunemente considerato il magnum opus dei BMTH, Sempiternal.
Suicide Season fu il primo vero ed istantaneo boom per la band, che divenne automaticamente il volto del MySpace core, dell’Hot Topic core, del Warped Tour core, e del mio core. Cosa successe poi? Niente, i BMTH fecero un feat con Skrillex perché ci sta, e poi continuarono a scrivere musica su quella falsariga, a farsi il cash facile, ad indossare canottiere scapezzolate, rimanendo per sempre nella nicchia scene. SCHERZOOOO!! Cacciarono il vecchio chitarrista e ce ne piazzarono uno molto più basato (Jona, ti penso ancora) e proseguirono verso qualcosa di più ambizioso, più artistico, più melodico. E mille milioni di volte più triste.
embè? finito così? vogliamo il pezzo che manca